venerdì 24 agosto 2012

L'erba del vicino è sempre più verde...

Se una cosa non la puoi avere, la brama aumenta e non si placa finché non viene soddisfatta. Ma quando poi l'oggetto del desiderio è tra le mani, la delusione è spesso alle porte, l'idea che ci siamo prefissati è meglio della dura realtà. E' un po' questa l'impressione che mi sono fatto sulla scena brassicola svedese. Un grosso hype per via della sua (quasi) totale assenza sui nostri banconi, racconti e recensioni che ritrovo distorte o ingrandite. Con questo non voglio dire che le birre locali siano pessime o altro, ma direi lontane dall'aura di mistificazione che le avvolge.
Per me birra a Stoccolma è sinonimo di Åkkurat: un posto caldo e accogliente, con una buona selezione di bottiglie e una discreta quantità di spine. Si mangia bene, si beve meglio. Gli rimprovero la mancanza di quell'integrità che, probabilmente, non gli consentirebbe di rimanere a galla: la Stella Artois nel frigo no. Punto.
Pollice su per la vienna lager dal nome impronunciabile di Nynäshamn, preferisco dimenticare Rainbow Warrior di Närke, mappazza affumicata e piuttosto masticabile.
L'alter ego dell' Åkkurat è l'Oliver Twist, locale votato più al luppolo "stelle-e-strisce" che alle produzioni domestiche e qualche rincuorante prodotto macro per non sentirsi persi nella foresta dell'ampia offerta. Cado in tentazione e mi stappo una boccia di Ruination IPA di Stone che ha il prezzo equivalente di CK One. Poi arriva una pinta di Oppigårds Single Hop, ale floreale e dissetante a base di Styrian che mette d'accordo sete e portafogli. Proprio Oppigårds mi conquista con birre facili e precise, senza quella pretesa di stupire. Come piace a me.

Se cercate la Glenfiddich Warehouse, sappiate che ha cambiato nome in Ardbeg Embassy, ma non si è mossa di un cm: locale un po' freddo e pacchiano, che però supera la ventina di birre locali alla spina e un infinito repertorio di Whiskys. Indimenticabile il filetto di renna e il salmone, ma la buccia di banana questa volta si chiama Indianvinken Pale Ale (IPA vi suona meglio?). Più volte richiamo l'attenzione della cameriera dicendogli che ho ordinato una IPA, non quel liquido fenolico e caramelloso che mi ha consegnato, ma mi giura che è così.

La gita da Nils OscarBryggeri non porta a granché, perché la burocrazia svedese, quando si tratta di alcol, è più italica che nordica. Mi tocca comprare le loro bottiglie da Systembolaget e mettermi il cuore in pace. Niente di stupefacente anche in questo caso, ma ales e lagers oneste, che si lasciano bere. E a me questo basta...

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